ETNA
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ETNA

Perchè visitarlo: l’Etna è un complesso vulcanico che raggiunge attualmente la vetta di 3326 metri. Ricopre una vastissima area dell’isola (circa 1/13) e la sua attività lo rende il vulcano attivo più alto della placca euroasiatica su cui sorge. Vi venne istituito il Parco dell’Etna nel 1987, ed è incluso dal 2013 all’interno dei beni classificati Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Si tratta di un insieme vasto e ricco le cui condizioni biologiche e geologiche hanno reso uniche alcune specie animali e vegetali, dette appunto endemiche.  Le proprietà del terreno vulcanico hanno invece reso speciali e riservate le caratteristiche organolettiche dei prodotti tipici coltivati: dalle uve alle olive, fino alla frutta secca (nocciole e pistacchi), fondamenta di una cultura enogastronomica siciliana secolare. Da non perdere: le attrazioni naturalistiche collaterali, la costa e le molteplici realtà pedemontane che convivono tra folklore, mito e scienza a fianco del fuoco magmatico.

Le origini dell’Etna

Storia e funzionamento del sistema vulcanico L’affascinante sistema vulcanico dell’Etna nasce, come per tutti i vulcani, dall’incontro di placche, il cui movimento genera la fuoriuscita di materiale magmatico, in sostanza roccia fusa. La caratteristica dell’Etna è quella di non essere un vulcano normale, ma un complesso vulcanico, la cui attività non si limita quindi solo ai crateri sommitali, ma anche a sistemi più complessi di fuoriuscita del magma, attraverso bottoniere (serie di crateri), fratture o coni detti “avventizi”. Da ciò ne sono derivati e sono spiegabili i parziali disastri che nel corso della storia umana hanno colpito direttamente l’uomo, e più propriamente alcuni centri cittadini e agglomerati urbani, nelle rare occasioni in cui la lava ha raggiunto basse quote. La nascita dell’Etna – nel corso dei secoli anche denominato Mongibello– la si fa risalire a più di mezzo milione di anni fa, come risultato dell’attrito e dell’incontro della placca euroasiatica con quella africana. Il suolo su cui è sorto il primo apparato vulcanico era un enorme golfo, di cui oggi restano come testimonianza delle prime eruzioni sottomarine, le lave costiere di Aci Trezza, e Aci Castello. Si tratta di caratteristici basalti che prendono il nome di “lave a cuscino” o pillow, generatisi in condizioni tali da aver assunto una forma prismatica e una superficie vetrificata.

La Flora

La flora etnea cambia in base non solo all’altitudine ma anche al versante in cui ci troviamo. Nonostante le alte quote rendano difficile la vita per molte specie – sia per le condizioni climatiche sia per quelle vulcaniche – la vegetazione che vi resiste ha caratteristiche uniche e straordinarie, in molti casi concorrono ad essere piante endemiche,nate e adattate ai cambiamenti specifici del territorio di cui fanno parte da sempre; e pioniere, cioè le prime a crescere e mettere radici sul terreno arido o addirittura sulla roccia nuda di quella che un tempo fu lava ormai solidificata. Un sistema straordinario di rigenerazione naturale che interessa tante specie. Se le basse quote sono popolate da moltissima vegetazione che gode di temperature miti e dell’influenza dell’uomo (vitigni, oliveti, pistacchieti, agrumeti, noccioleti, mandorleti e alberi da frutto) importanti specie serpeggiano dal mare alle quote medie: le diffusissime euforbia arborea e cespugliosa, la valeriana Rossa, la ginestra dell’Etna (Genista Aetnensis) presente fino al superamento dei 1500 metri, carpino nero (Ostria Carpinifolia), alloro (Laurus Nobilis), bagolaro (Celtis Australis) e bagolaro dell’Etna (Celtis Tournefortii), terebinto (Pistacia Terebinthus). Fagacee come Quercus Virgiliana, Quercus Congesta e Quercus Cerris (cerro) sono querce caducifoglie mentre solo il leccio (Quercus Ilex) è l’unica specie sempreverde sull’Etna. Dipingono attorno il paesaggio tipico tantissime specie esotiche come le succulente (agavi e ficodindia), palme e alberi di eucalipto, questi ultimi introdotti dall’inizio del ‘900 come specie funzionali alla bonifica di molte zone. Il pino laricio, la betulla dell’Etna e il faggio sono tra gli ultimi alberi che salendo di quota cedono il posto alla vegetazione a pulvino. Vi dominano l’Astragalus Siculus Endemica Etnea, che nella sua capacità di trattenere il terreno sabbioso con le radici, creando dei grossi cuscini spinosi, genera un ambiente fertile per altre piccole specie più vulnerabili: il cerastio (Cerastium Tomentosum), la viola (Viola Aethnensis), la camomilla dell’Etna (Anthemis Aetnensis), il senecio (Senecio Squalidus varietà Aetnensis), il tanaceto (Tanacetum Siculum), la seriola taraxacoides (Robertia Taraxacoides), l’elicriso (Helicrisum Italicum). La vegetazione più tipica che trabocca sulle altitudini maggiori assieme all’astragalo sono la saponaria sicula, il caglio dell’Etna (Galium Aetnicum) e il romice (Rumex Aetnensis) resistenti fino ai 2500 metri.

La Fauna

Da un accuratissimo censimento stilato nel XIX secolo da Giuseppe Antonio Galvagni la fauna etnea ha attualmente molte specie ritenute estinte, altre in via di reinsediamento e moltissime in via d’estinzione. La coltivazione massiccia con pesticidi, e l’urbanizzazione sono le prime cause oltre all’inquinamento acustico e la caccia non regolamentata. Una buona parte di rettili e anfibi sono presenti sull’Etna primi fra tutti i lacertidi: dalla lucertola campestre diffusa largamente al ramarro, la lucertola campestre e il gongilo conosciuto come tiraciatu. Altre specie di terra caratteristiche sono la testuggine comune, rospo e rana verde e varie specie di serpenti: il biacco, il saettone, il colubro leopardiano, la biscia dal collare e la vipera comune, unico serpente velenoso, ma poco pericoloso. I volatili invece hanno trovato un ambiente accogliente. Diffusi specialmente in bassa quota sono il colombaccio, il picchio rosso maggiore, il pettirosso, il fiorrancino, il codibugnolo di Sicilia, la cinciarella, il picchio muratore, il rampichino, il rigogolo, la ghiandaia, la gazza, la cornacchia grigia, l’usignolo, la capinera, la coturnice, il passero solitario, l’airone cenerino (Lago Gurrida), il merlo, il verzellino, la passera sarda, il codirosso e due specie che nidificano solo sull’Etna, il crociere e il lucherino. Troviamo lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino, l’aquila reale. Tra i rapaci notturni presenti anche nelle aree urbane: il barbagianni e l’assiolo; infine, troviamo l’allocco e il gufo comune presente solo sull’Etna e non nelle restanti aree dell’isola. Per quanto riguarda i mammiferi troviamo la volpe, il gatto selvatico, ghiro, la donnola, martore, scoiattoli, istrici, lepri, conigli selvatici e ricci e varie specie di chirotteri. Tra gli invertebrati oltre i più comuni, cavallette e grilli, fino ai 2500 metri troviamo anche le coccinelle, caratteristiche delle zone più aride nei mesi caldi, e una farfalla endemica siciliana chiamata l’Aurora dell’Etna (Anthocharis Damone). Infine il migliore amico dell’uomo, il cirneco dell’Etna: una specie canina autoctona molto caratteristica, di taglia media dal corpo affusolato, le orecchie a punta e il pelo corto di color marrone chiaro. Un cane di razza pura, oggi diffusamente addomesticato e molto intelligente.

La Funivia

 
La Funivia dell’Etna sul versane sud di Nicolosi costituisce il miglior metodo per raggiungere il più velocemente possibile le quote più alte, i Crateri Barbagallo formatisi tra il 2001 e il 2003, e con un trekking le zone sommitali. Avrai l’opportunità – quando l’attività del Vulcano lo consente – di proseguire il cammino a piedi con una Guida Vulcanologica o una Guida Alpina alla scoperta dei crateri sommitali e ammirare la bellezza del vulcano e delle sue manifestazioni da vicino.
Visita Stagione invernale – Sport su neve (da dicembre a marzo): Gli impianti di Funivia dell’Etna sono aperti tutti i giorni dalle ore 09:00 alle 16:00 (ultima partenza) Stagione estiva – Escursioni (da aprile a novembre): Gli impianti di Funivia dell’Etna sono aperti tutti i giorni dalle ore 09:00 alle 16:00 (ultima partenza in salita ore 15:30) Escursioni al tramonto: Lunedì, martedì e giovedì con partenza alle ore 17.30 previa prenotazione al numero: +39 095 914141-(42) Nota bene: quelli di seguito riportati sono i prezzi medi per usufruire del servizio della Funivia. Subiscono cambiamenti in base al periodo dell’anno; € Biglietti 65,00 euro a persona comprende: Funivia a/r da 1900 mt a 2850 mt Bus Fuoristrada Unimog a/r da 2850 a 3100 Giro sui Crateri Barbagallo accompagnati da una guida vulcanologia Riduzioni per categorie speciali e bambini sotto i 10 anni. Al costo di 30 euro puoi usufruire dei servizi di sola andata per singolo mezzo (funivia/fuoristrada). Al costo di 20 euro puoi usufruire dei servizi di ritorno per mezzo. Attrezzatura essenziale estiva: pantaloni lunghi, scarpe da trekking, acqua, cappello e giacca a vento. Avvertimenti importanti: state salendo ad alta quota e su un vulcano in attività pertanto sono possibili imprevisti, chiusure o cambiamenti climatici improvvisi. Giunti alla quota di 2900 metri è obbligatorio seguire le direttive delle guide vulcanologiche. Tali indicazioni sono fornite sulle basi di consultazioni e confronti diretti a puro scopo informativo. La redazione non si assume alcuna responsabilità in caso di imprevisti, cambiamenti, chiusure.

Dalla Tonnara a Eloro 6 Km

Dall’ingresso principale ☞ (clicca qui per indicazioni) andiamo a sinistra per raggiungere il sentiero che ci conduce verso il suggestivo rudere della Tonnara. Abbiamo al nostro fianco il Pantano Grande, un bacino d’acqua dolce importantissimo per la coesistenza e il ristoro di moltissime specie, che rendono ricco e vivace l’ecosistema.

Ci ritroveremo a un primo bivio dove abbiamo l’occasione di raggiungere la spiaggia di Vendicari, caratterizzata dalla splendida e suggestiva vista dellla Tonnara.

Finita la nostra sosta in spiaggia, raggiungiamo i ruderi della Tonnara e della Torre Sveva . I colori della pietra con la luce del sole si fondono per rendere quasi onirici gli spazi di queste vecchie architetture.



Più avanti incontriamo le vasche ellenistiche , cavità scavate direttamente nelle rocce per diversi usi, tra i quali quello della preparazione del pesce e del “garum” condimento a base di pesce.

Possiamo solo vagamente immaginare le sembianze del luogo in età greco-romana. Possiamo senz’altro comprendere i motivi per cui questo luogo non ha mai smesso di essere enormemente affascinante per l’uomo.

Durante la nostra passeggiata costeggiamo da un lato ancora il ricco e largo Pantano Grande fino al Pantano Piccolo e dall’altro la costiera rocciosa del mare che ci accompagna per tutto questo tratto, regalandoci un vasto e ricco panorama dove potremmo avere la fortuna di guardare uccelli o altri animali nel loro habitat.

Arriviamo alla Spiaggia di Calamosche , caratteristica per essere una conca sabbiosa chiusa dalla costa rocciosa. Mescolandosi, la costa e sabbia, il litorale si arricchisce di specie marine che possiamo ammirare immergendoci. Un luogo perfetto per lo snorkeling.

Continuiamo la nostra passeggiata per la volta di Marianelli risalendo la sponda rocciosa opposta a quella da cui siamo scesi per raggiungere la Spiaggia di Calamosche.

La Spiaggia di Marianelli e poco dopo quella di Eloro sono separate dalla foce del fiume Tellaro. La zona nudista di Marianelli sarà segnalata. Ancora una volta la presenza d’acqua dolce vicina, aumenta il pregio ambientale del luogo.

Infine dalla Spiaggia di Eloro sarà possibile mirare da lontano parti delle mura e delle achitetture dell’antica città greca, per adesso chiusa ai visitatori.
Le prime informazioni in merito all’esistenza delle saline di Vendicari risalgono al Quattrocento, probabilmente l’area del pantano veniva utilizzata persino in epoca greca, dato che nelle vicinanze vi sono dei resti di vasche per la lavorazione del pesce salato.

Le saline furono per la zona una importante risorsa, esse alimentarono il mercato del sale che veniva trasportato tramite imbarcazioni a vela (varchi ‘isalì).

Il lavoro delle saline era tipicamente stagionale da marzo ad agosto. Una giornata tipica dei salinari iniziava la mattina all’alba e proseguiva fino alle 11:00, evitando cosi il torrido caldo di mezzogiorno. Si riprendeva a lavorare nel primo pomeriggio fino intorno alle 17:00.

Le saline verranno chiuse nel 1951 a seguito di una alluvione che aveva procurato parecchi danni alla zona. Oggi le saline vengono utilizzate dagli uccelli come oasi di ristoro e sono una delle più importanti attrattive della riserva.